110 anni fa muore Giosuè Carducci, il maggiore poeta italiano di fine ‘900, premio Nobel

Il 16 febbraio 1907 muore a Bologna il poeta Giosuè Carducci, primo italiano a ricevere nel 1906 il Nobel è tra le personalità più importanti della nostra storia letteraria: la sua poesia si caratterizza per il sentimento innovatore della classicità e per la varietà di ispirazione e di accenti. Carducci nasce il 27 luglio 1835 a Valdicastello di Pietrasanta (Lucca), studia a Firenze, quindi alla Normale di Pisa (1856), iniziando la carriera di insegnante al Liceo di San Miniato (Pisa). Nel 1857 perde il fratello Dante e nel 1858 anche il padre (medico condotto di idee mazziniane) e deve perciò provvedere alla madre e al fratello minore. Nel 1860 è chiamato dal ministro Terenzio Mamiani alla cattedra di eloquenza all’università di Bologna, e inizia un intenso e scrupoloso lavoro di insegnamento e di ricerca critica e filologica. Assume posizioni filo repubblicane e giacobine, sfociate nell'”Inno a Satana” (1863). Nel 1870 la sua vita familiare è funestata dalla morte precoce del figlio Dante, di soli tre anni. Il volume “Poesie” (1871) gli dà la piena affermazione. Negli anni ’80, scontento della politica della sinistra e preoccupato per il diffondersi delle idee socialiste, si avvicina sempre più alla monarchia sabauda, che comincia a considerare come unica garante dell’unità d’Italia. In ciò è influenzato dalle scelte della massoneria, a cui è affiliato, e dal fascino personale esercitato su di lui dalla regina Margherita, alla quale dedica l’ode “Alla regina d’Italia” (1878). Aderisce alla linea politica di Crispi e diventa la voce più autorevole dell’Italia umbertina. Lascia l’insegnamento nel 1904.

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