L’8 giugno 1891 Paul Gauguin raggiunge Tahiti. Il soggiorno di Gauguin a Tahiti coincide con il raggiungimento di quel vigore espressivo che prorompe dalle opere esposte a Parigi (Francia) nel 1893. La partenza di Gauguin non è condivisa da Cézanne e Pissarro, i quali non avvertono l’esigenza di trovare ispirazioni alla loro arte attraverso la ricerca di suggestioni lontane. La sensibilità di Gauguin è invece diversa. La sua concezione dell’arte gli impone la ricerca di una verità da scoprire nello stesso momento sulla tela e nella vita. La sua pittura è un eterno invito a sognare il quotidiano, o meglio a trasformarlo alla luce del desiderio: non è perciò concepibile che il mondo si trasformi solamente sulla tela. A Tahiti Gauguin può vivere pienamente, in armonia con la sua esistenza ormai mutata, anche per quanto riguarda l’amore. Teha’amana e le altre vahiné non sono solo lontane dalla severa Mette e dallo schema repressivo della famiglia occidentale; il loro ruolo è importante sia sulla tela sia nell’intimità dell’artista. Grazie a esse, il rifiuto della prospettiva ereditata dal Rinascimento diventa anche rifiuto della staticità, celebrazione della bellezza del momento fuggente, elogio del piacere sensuale, fontana dell’eterna giovinezza.