Il 6 marzo 1857 a Washington (DC, Usa) la Corte Suprema pronuncia una sentenza che dichiara che gli afro americani, siano essi schiavi o meno, non sono cittadini americani e quindi sono privi di diritti. Il caso è portato dinnanzi alla Corte Suprema da Dred Scott, schiavo nero portato dal suo padrone, nel 1834, dal Missouri (stato schiavista), all’Illinois, uno stato libero a causa della Northwest Ordinance. Scott torna a St. Louis (Missouri) nel 1846 dove il suo padrone, il Dottor Emerson, muore. Scott fa causa alla moglie di Emerson per avere la libertà, sulla base del fatto che l’aver vissuto in un territorio non schiavista lo aveva reso un uomo libero. Il giudice capo Roger Brooke Taney dichiara che Dred Scott è uno schiavo, non un cittadino, e quindi non aveva diritti in base alla costituzione. Nella sentenza si dice che un nero non può diventare cittadino in quanto “essere di un ordine inferiore”. La decisione rafforzò l’opposizione nordista alla schiavitù. Il 13 ottobre 1857 il Minnesota ratificò la sua costituzione che metteva fuorilegge la schiavitù. Anche l’Ohio rese reato possedere o rivendicare schiavi. Politicamente, fu insignificante poiché il Kansas-Nebraska act aveva già annullato il Compromesso del Missouri. Simbolicamente, però, la Corte Suprema aveva sancito la linea dura sudista. Ciò incoraggiò i sudisti e convinse i nordisti dell’esistenza di una vasta “cospirazione del potere schiavista”.