Il 6 settembre 1987 nell’ambito dell’inchiesta sulla vendita clandestina di mine all’Iran, sono arrestate a Brescia 45 persone sotto l’accusa di traffico illecito di armi. Fra queste, Ferdinando Borletti, consigliere di amministrazione della Snia e della Fiat, nonché dell’azienda di famiglia, la Valsella meccanotecnica, controllata al 50% dalla Fiat, suo figlio e l’intera dirigenza. Il processo si farà nei primi mesi del 1991 ma i nove imputati (nel frattempo il conte Borletti è deceduto) “patteggeranno” per vedersi condannati a pene tra un anno e sei mesi e un anno e dieci mesi; poi la Cassazione derubricherà il reato: non più esportazione illegale di armi, ma infrazioni valutarie. Il tribunale comunque accerterà che, tra 1982 e 1986, la Valsella vende all’Irak nove milioni di mine anti-uomo, per un valore di 250 milioni di dollari, servendosi di una “triangolazione” con una ditta di Singapore e confezionando le mine nella sua filiale sempre di Singapore.