30 anni fa disciplinate le attività minerarie in Antardide

Il 2 giugno 1988 a Wellington (Nuova Zelanda) viene firmata la Convenzione che disciplina l’esercizio delle attività minerarie in Antartide. Nonostante non sia mai entrata in vigore in mancanza del numero di ratifiche necessario, rappresenta un punto di svolta nell’evoluzione del Trattato Antartico. Avversata sin dall’inizio del negoziato dagli Stati terzi che avevano rivendicato il diritto di partecipare a pieno titolo alla sua elaborazione, la Convenzione viene ben presto oggetto di critiche anche da parte di alcuni Paesi partecipanti alla stesura del testo. La mancata entrata in vigore della Convenzione non si spiega unicamente con i contrasti sorti sul “titolo” di partecipazione al negoziato o sul contenuto del regime di sfruttamento o con l’affermarsi, in alcuni Paesi chiave, di una nuova politica ambientalista. L’insuccesso della Convenzione attiene più in generale alla qualificazione giuridica dello status internazionale dell’Antartide, mantenuta indeterminata a causa dell’ambiguità sulla questione delle singole rivendicazioni di sovranità. Comunque l’estensione della disciplina del Trattato a questo ulteriore aspetto della cooperazione antartica, avrebbe costretto le Parti ad affrontare il nodo giuridico – politico delle rivendicazioni territoriali sull’Antartide e sulle sue risorse. per la prima volta viene ad essere attribuito autonomo rilievo al danno ambientale che risulterà sussistente ogni qualvolta venga ad oltrepassarsi una soglia di tollerabilità stabilita dalla Convenzione stessa. Non si farà quindi riferimento ad alcuna valutazione economica nell’accertamento dell’esistenza del danno ambientale.

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