20 anni fa il governo russo abbandona il sostegno del rublo e i pagamenti dei debiti

Il 17 agosto 1998 a Mosca (Russia) alle 10, ora locale, il governo e la Banca Centrale emettono un comunicato congiunto per annunciare “alcune modifiche contabili”: la valuta viene svalutata del 50% (da 6 a 9,50 rubli per dollaro), il debito estero denominato in rubli viene congelato per tre mesi, agli stranieri è vietato di investire in titoli russi a breve termine, ai residenti è invece vietato di effettuare operazioni valutarie in conto capitale. Tutto questo però solo fino al termine dell’ anno: dopodiché la banda verrà ampliata, e si arriverà al 70% di svalutazione e forse più. Ma già in molte banche non si trovano più dollari neanche a 9,50. Di fronte a misure così drammatiche, la crisi si è inevitabilmente trasformata da finanziaria in politica. Ma già subito dopo l’ annuncio, mentre i mercati vengono prudentemente tenuti chiusi ancora per qualche ora, il capo degli economisti del Presidente Boris Eltsin, Alexander Livshits, si dimette assumendosi la responsabilità del disastro. Il Cremlino però mira più in alto, e chiede la testa di Sergeij Dubinin, capo della Banca di Russia e vero uomo centrale nei disperati tentativi di risalire la china.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *