Il 9 gennaio 1959 muore a Roma il gerarca fascista Giuseppe Bottai, governatore di Roma e anche di Addis Abeba (Etiopia), ministro delle Corporazioni e ministro dell’Educazione Nazionale. Bottai nasce il 3 settembre 1895 a Roma. Allo scoppio della prima guerra mondiale si arruola volontario, come soldato semplice prima e come ufficiale degli arditi poi. In seguito al ferimento è decorato con medaglia di bronzo al valor militare. Nel 1919, al termine del primo conflitto mondiale, Bottai, già attivo nel movimento futurista, incontra Benito Mussolini e collabora alla fondazione dei Fasci italiani di combattimento di Roma. Nel 1921, dopo la laurea in giurisprudenza, dirige la redazione romana de Il Popolo d’Italia. Con Ulisse Igliori e Gino Calza-Bini, è uno dei capi dello squadrismo romano: peraltro, è tra i pochissimi fascisti di primo piano che nell’estate del 1921 si pronunciano a favore del “patto di pacificazione” stipulato da Mussolini con i socialisti e destinato a divenire di lì a poco lettera morta proprio per l’opposizione della compagine intransigente delle squadre d’azione. Il 24 luglio 1943 aderisce insieme ad altri 19 gerarchi all’Ordine del giorno Grandi, una mozione che mette in minoranza Benito Mussolini. A causa dell’adesione a tale mozione, Bottai sarà condannato a morte in contumacia al Processo di Verona, nel 1944, da un Tribunale della neocostituita Repubblica Sociale Italiana. Nel 1944 si arruola con il consenso delle autorità politiche francesi, sotto il nome di Andrea Battaglia, nella Legione straniera francese, e nelle cui file combatte contro i tedeschi inquadrato nel 1º Reggimento di cavalleria con il grado di brigadier chef, dallo sbarco in Provenza fino nel cuore della Germania. Nella legione rimarrà fino al 1948, quando è congedato con il grado di sergente.