Il 27 febbraio 1919 a Londra (Inghilterra) alla Royal Philarmonic viene eseguita per la prima volta in pubblico la suite “I Pianeti” di Gustav Theodore Holst (con l’eccezione di “Venus” e “Neptune”) . La versione integrale della suite viene eseguita il 15 novembre 1920. La suite The Planets (I pianeti) è oggi l’opera più amata e ammirata di Holst: è una serie di bozzetti musicali ispirati da ‘umori’ legati ai pianeti, piuttosto che qualcosa di concretamente collegato all’astrologia. Holst trae ispirazione dal libro “The Art of Synthesis” di Alan Leo, che è diviso in capitoli ognuno dei quali è dedicato ad un pianeta e ne descrive le caratteristiche della personalità e i valori ad esso associati, così che: Marte – Indipendente, ambizioso, caparbio; Venere – amore che rinasce, emotività; Mercurio – il messaggero alato degli dei, pieno di risorse, eclettico; Giove – portatore d’abbonanza e perseveranza. Vi si nota l’influenza di Stravinskij, così pure di Debussy e Richard Strauss. The Planets è fonte d’ispirazione per varie colonne sonore cinematografiche. John Williams usa Marte, assieme ad altri brani di musica classica, come musica provvisoria non originale durante la lavorazione di Guerre Stellari e in seguito ne cita palesemente alcuni temi nella sua colonna sonora originale definitiva. Si notano anche somiglianze tra la colonna sonora (di Alan Silvestri di The Abyss e Nettuno, tra la colonna sonora (opera di Bernard Herrmann) di Viaggio al centro della Terra e Saturno, tra quella (opera di James Horner di Titanic e Nettuno e infine tra quella de La Bibbia (1966) e – ancora una volta – Saturno. Solo sette pianeti dal momento che Holst non considera la Terra e Plutone che viene scoperto solo il 18 febbraio 1930 dall’astronomo Clyde Tombaugh.