Il 30 aprile 1060 viene promulgata a Roma la legge n. 153 che assegna la pensione sociale ai cittadini ultra 65enni, sprovvisti di tutela pensionistica e di reddito. Con l’articolo 26 ai cittadini italiani, residenti nel territorio nazionale, che abbiano compiuto l’età di 65 anni, che non risultino iscritti nei ruoli dell’imposta di ricchezza mobile e – se coniugati – il cui coniuge non risulti iscritto nei ruoli dell’imposta complementare sui redditi, è corrisposta, a domanda, una pensione sociale non reversibile di lire 156.000 annue da ripartire in 13 rate mensili di lire 12.000 ciascuna, a condizione che non abbiano titolo a rendite o prestazioni economiche previdenziali, con esclusione degli assegni familiari, od assistenziali, ivi comprese le pensioni di guerra, con l’esclusione dell’assegno vitalizio annuo agli ex combattenti della guerra 1915-18 e precedenti, erogate, con carattere di continuità, dallo Stato, da altri enti pubblici o da Paesi esteri e che, comunque, non siano titolari di redditi a qualsiasi titolo di importo pari o superiore a lire 156.000 annue. Da calcolo dei redditi è escluso il reddito dominicale della casa di abitazione. La 13a rata è corrisposta con la rata di dicembre ed è frazionabile. Le persone di cui al primo comma che percepiscono le rendite o le prestazioni o i redditi, ivi previsti, ma di importo inferiore a lire 156.000 annue, hanno diritto alla pensione sociale ridotta in misura corrispondente all’importo delle rendite, prestazioni e redditi percepiti.