90 anni fa Mussolini promulga la prima legge razziale

Il 19 aprile 1937 l’Italia fascista vara la prima legge di tutela della razza, il regio decreto legge n.880/37, che vieta il “madamato” e più in generale qualsiasi forma di unione con donne di colore nelle colonie africane. Durante il periodo della presenza coloniale italiana in Eritrea – dal 1890 al 1941 – la maggioranza dei maschi italiani ha delle concubine indigene, delle vere e proprie ‘mogli temporanee’, che tranne rarissimi casi, vengono abbandonate al momento del rientro in patria. Nel gergo coloniale italiano, per “madama” si intende la donna africana che convive con un uomo italiano o che, pur non convivendo, ha con lui una relazione stabile. I termini “madamismo” o “madamato” indicano la relazione con una madama e hanno una connotazione dispregiativa; vengono coniati all’indomani della guerra d’Etiopia, quando Mussolini lancia una campagna contro le unioni miste e le procreazioni interrazziali, che giunge fino a fare del madamato un crimine. Tollerato dai comandi militari dell’epoca liberale, che lo preferiscono al rapporto occasionale con le prostitute, non solo per ragioni sanitarie ma anche in considerazione della maggiore stabilità di vita che una convivenza è in grado di assicurare ai militari (che di fatto costituiscono la maggioranza dei residenti in colonia, e ai quali è fatto divieto di portare in colonia la propria moglie) il madamato cambia totalmente di segno e diviene pericoloso agli occhi del regime fascista, che lo giudica rovinoso per l’integrità della razza e per il prestigio dell’Italia imperiale.

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