Il 29 aprile 1957 si apre a Padova il processo sul cosiddetto “Oro di Dongo” che vede accusati per furto e ricettazione di oggetti di valore e denaro, nonché per la sparizione dei documenti di Benito Mussolini, fra gli altri, Urbano Lazzari, già commissario politico della brigata che arresta il Duce, Michele Moretti (alias Pietro Gatti, indicato da una perizia sull’arma come il reale uccisore di Mussolini), Maurizio Bernasconi e Pietro Vergani: gli ultimi 2 sono detenuti, mentre gli altri sono denunciati a piede libero. I partigiani sono accusati di aver sottratto i valori che Mussolini tentava di trafugare in Svizzera. E’ probabilmente il primo mega-processo che si svolge a Padova: 37 imputati, 300 testimoni, 50 parti offese, decine di giornalisti italiani e stranieri. Nel corso del dibattimento molti celebri partigiani, anche non comunisti, testimonieranno che il “tesoro” è stato regolarmente utilizzato per il sostentamento dell’esercito di liberazione. In agosto Silvio Aldrighetti, uno dei giudici popolari che compongono la Corte, si uccide. Non essendo nominato un numero sufficiente di giudici “supplenti”, non sarà possibile continuare e il 19 agosto 1957, dopo quattro mesi di udienze, il processo sarà sospeso.