Il 18 gennaio 1952 Papa Paolo VI pubblica la lettera apostolica “Cupimus Imprimis” nella quale afferma che la chiesa cattolica non può considerarsi estranea, e tanto meno ostile, ad alcun popolo della terra; che essa, nella sua materna sollecitudine, abbraccia in un solo amplesso tutti i popoli; e non cerca potere o influenza terreni, ma, con tutte le sue forze, dirige gli animi di tutti al conseguimento del cielo. Soggiunge che i missionari non curano gli interessi di un particolare paese, ma, venendo da ogni parte del mondo e uniti come sono da un unico divino amore, hanno di mira solo la diffusione del regno di Dio; la loro opera, quindi, lungi dall’essere superflua o nociva, è benefica e necessaria per aiutare lo zelante clero cinese nell’apostolato cristiano. In effetti un gran numero di missionari, arcivescovi e vescovi, e lo stesso rappresentante vaticano sono costretti dal regime comunista ad abbandonare il suolo della Cina; e il carcere o privazioni o sofferenze d’ogni genere sono riservate a vescovi, a sacerdoti, a religiosi e a religiose e a molti fedeli.