Cecchini sparano sulla folla che marcia per la pace

Il 5 aprile 1992 truppe serbe si preparano all’assedio di Sarajevo (Bosnia Erzegovina) e cecchini sparano sulla folla che sta manifestando per la pace. La città, posta nella valle del fiume Miljacka, è circondata da montagne sulle quali vengono posizionati 260 carri armati, 120 mortai pesanti e centinaia di armi di calibro minore. L’Armata popolare Jugoslava  (formalmente solo serba) aiutato da forse serbo-bosniache circonda Sarajevo ed inizia a stringere in una morsa d’assedio i circa 500.000 cittadini allora esistenti. Il 2 maggio 1992 la città risulta completamente bloccata: una parte completamente occupata e l’altra esposta al tiro continuo dell’artiglieria e di un fuoco di sbarramento intenso. Ogni giorno la città è colpita da circa 4.000 proiettili di calibro diverso e tra i diversi bersagli ci sono soprattutto ospedali, scuole, chiese, moschee, sinagoghe, reparti pediatrici e di maternità, librerie, musei oltre che i posti dove i cittadini di Sarajevo sono soliti aspettare in file ordinate per l’acqua o il pane. Con la distruzione dell’Ufficio Postale la città viene lasciata senza linee telefoniche e vengono distrutte o tagliate le condutture dell’acqua, del gas e dell’energia elettrica. Le risorse alimentari iniziano presto a scarseggiare. Dopo quasi quattro anni di assedio, il 25 febbraio 1996, aprendo il passaggio a nord-ovest con la liberazione dei distretti di Vogosca ed Ilijas, Sarajevo viene finalmente proclamata città aperta.

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